Indossando di volta in volta i panni dell'avidit?, della cupidigia, dell'usura, della concupiscenza, della taccagneria o della grettezza, la struttura camaleontica dell'avarizia ? tale che essa pu? addirittura assumere le sembianze della virt?. ? il vizio pi? "economico" dei sette ed ? un economista ad indagare le ragioni per le quali nel corso del tempo, a partire dalla tarda antichit? esso sia andato soggetto ad una pluralit? di slittamenti semantici, secondo un'alternanza che non trova riscontro in nessuno degli altri vizi capitali. Da radice di tutti i mali e quindi primo dei vizi, l'avarizia diverr? seconda alla superbia durante l'alto medioevo, per ritornare al primo posto all'epoca della Rivoluzione commerciale, e divenire nell'Umanesimo civile - con un altro mutamento di prospettiva - impulso alla prosperit? e quasi una virt?. Nell'ultimo quarto di secolo, l'avarizia ? tornata ad essere vizio ed ? quello che pi? di ogni altro ? cresciuto in maniera spettacolare. L'avaro di oggi ? posseduto dalle cose, accumula e conserva ma non usa, possiede ma non condivide. La sua infelicit? ? un fallimento della volont? o della ragione?